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Eros e tanatos: Collezionare per vincere la morte
Il collezionismo è un comportamento connaturato all’homo sapiens e che forse gli preesiste, dacché tracce di attività collezionistica sono state individuate sin dal paleolitico; tuttavia quando si allude ai concetti di collezionismo e di museo istintivamente si pensa alle raccolte d’arte, più precisamente alle pinacoteche. Il fenomeno del collezionismo è dunque un tema antropologico complesso, comune ad ogni società umana – di ogni tempo e di ogni area geografica – che risponde alla dinamica primordiale tra eros e tanatos, legata al piacere istintivo di possedere la natura ed alla volontà ancestrale di superare la morte eternandosi attraverso le cose, per mezzo delle quali si tramanda una cultura che va a costituire, per così dire, la parte materiale della storia. Infatti una delle prime forme del collezionismo, i cosiddetti tesori, rappresentava una sorta di memoria collettiva e parte essenziale del sentimento di appartenenza (Figura 1).

Un mondo in piccolo. La Natura sotto vetro tra stupore e conoscenza
L’altra tipologia fondamentale di raccolta, tipicamente medievale, gli studioli, era invece strettamente legata alla figura del collezionista sia sul piano dell’allestimento che su quello della composizione, poiché ne incarnava la cultura e gli interessi specifici. Queste antiche raccolte erano enciclopediche, ossia composte da oggetti differenti per provenienza e materiale, così come enciclopediche erano le Wunderkammern, termine che individua un fenomeno collezionistico assai vasto a complesso che interessò l’intera Europa a partire dalla seconda metà del Cinquecento. In tali ‘stanze delle meraviglie’, come suona la traduzione italiana del termine, erano conservati reperti naturali (piante essiccate, animali impagliati, minerali) accanto ad oggetti d’arte, strumenti scientifici, oggetti di interesse etnografico, apparentemente ammassati senza alcun criterio. Ma in realtà gli oggetti venivano sistemati secondo un ordine preciso, benché non più immediatamente percepibile agli occhi dell’osservatore moderno. Sebbene sottilmente differente da caso a caso, tale ordine seguiva fondamentalmente le regole della mnemotecnica, esposte tra l’altro nel Trattato sull’idea del Theatro, del letterato lombardo Giulio Camillo (1560), e come questa si basava su di un rapporto fluido tra oggetti, immagini e concetti che si rivelava efficace per mettere ordine nelle cose del mondo come nelle idee, serviva cioè a ‘comprendere’ il mondo, nel duplice significato di ‘tenere insieme con coerenza’ e ‘capire’. Difatti ogni Wunderkammer era sostanzialmente un mondo in piccolo, un modello sintetico dell’universo, in cui dunque dovevano comparire le due componenti essenziali: natura e cultura; cioè Dio e la sua forza creatrice e l’uomo e la potenza del suo intelletto, grazie alla quale egli riesce a capire e controllare la natura, a trasformarla persino per piegarla ai suoi bisogni o per creare oggetti d’arte. Il mito di gran lunga più presente nelle decorazioni delle Wunderkammern è infatti quello di Prometeo, che ruba il fuoco agli dei e li sfida insegnando agli uomini a manipolare la natura (Figura 2).

L’ordine del disordine e il dominio dell’uomo sull’universo
Le categorie generalmente presenti nelle Wunderkammern erano naturalia, artficialia, scientifica, e talvolta exhotica. Tra i naturalia erano compresi tutti i reperti provenienti dal mondo della natura, ordinati secondo i quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco) o secondo i tre regni (minerale, vegetale e animale). Tutte le rocce erano denominate ‘fossili’, sia che fossero fossili secondo la definizione moderna, sia che fossero semplici pietre, poiché tale termine stava ad indicare che tali reperti erano stati estratti dalla terra. Anche le statue antiche erano comprese tra i fossili poiché emerse dalla terra come le rocce. Per questo motivo la statuaria antica rappresentava l’elemento di passaggio tra i naturalia e gli artificialia, tra la natura selvaggia e quella agita dall’uomo, e dunque in qualche modo tra preistoria e storia. Tra gli artificialia erano infatti compresi essenzialmente gli oggetti d’arte, per lo più dipinti, ordinati poi per genere, o più spesso allestiti ‘a incrostazione’, cioè senza lasciare spazi vuoti, secondo criteri meramente esornativi. Gli scientifica erano tutti gli oggetti frutto di ciò che oggi chiamiamo tecnologia, ossia delle applicazioni pratiche delle conoscenze degli uomini. Tra questi comparivano gli strumenti scientifici (telescopi, astrolabi, sfere armillari) ma anche i cosiddetti automi, meccanismi semoventi dalle sembianze maschili o femminili che replicavano usuali attività umane: dalla scrittura al gioco degli scacchi. Questi ultimi, insieme alle sculture in marmo e bronzo erano ritenuti essere la più alta espressione della creatività umana poiché più vicine all’azione divina (Figure 3, 4, 5).

Figure

Didascalie delle figure

Figura 1. Museo di Athanasius Kircher, frontespizio in G. de Sepi, Romani Collegii Societatis Jesu Musaeum Celeberrimum, Amstelodami, ex Officina Janssonio-Waesbergiana, 1678.
Figura 2. Frans Francken, Camera delle rarità, Kunsthistorisches Museum, Vienna, olio su tela 1625.
Figura 3. Johann Georg Hainz, Gabinetto di Curiosità, Opificio delle Pietre Dure, Firenze, olio su tela, fine XVII secolo.
Figura 4. Johann Georg Hainz, Wunderkammer, Galleria Regionale della Sicilia, Palermo, olio su tela, fine XVI secolo, particolare.
Figura 5. Johann Georg Hainz, Wunderkammer, Galleria Regionale della Sicilia, Palermo, olio su tela, fine XVI secolo, particolare.